Ben ritrovati sul nostro magazine, cari amici di IWS. Se tra gli infatuati di orologeria si cela qualche appassionato di eventi significativi che hanno interessato la Seconda Guerra Modiale, questo è il momento giusto per rimanere incollati allo schermo e seguire una delle storie più affascinanti, a tema lancette, che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale.
Uno dei motivi che ha fatto si che l’orologio da polso diventasse il migliore compagno di avventure dell’uomo, è stato il suo utilizzo in contesti militari, ove è stato richiesto ingegno e creatività al fine di migliorarne le sue qualità tecniche, creando un oggetto che potesse aiutare ed accompagnare l’utente in qualsiasi circostanza in cui si potesse trovare.
E’ proprio per questa ragione che durante il secondo conflitto mondiale, arrivò un momento in cui i soldati alleati necessitavano di un segnatempo affidabile, che superasse qualsiasi prova impervia insomma… sarebbe dovuto essere come la famosa Jeep Willys che affrontava qualsiasi tipo di terreno accidentato ed impercorribile senza mai fermarsi.
Era il 1939 quando in Europa scoppiò il secondo conflitto di portata mondiale e la Gran Bretagna, in tale contesto, necessitava di supporto industriale per equipaggiamenti militari poiché tutto il settore secondario era impegnato in produzione di armi e veicoli bellici.
Riguardo l’accessorio più importante ed utile ai soldati inglesi (l’orologio da polso), il Ministero della Difesa britannico si rivolse all’industria orologiera svizzera che, in conseguenza alla propria neutralità nel conflitto mondiale, poteva soddisfare tranquillamente e in tempi molto ristretti la richiesta.
Il bando per la produzione di segnatempo per i soldati inglesi, prevedeva poche e semplici caratteristiche che dovevano essere rispettate dalle maison.
Tra tutte, il concetto cardine doveva essere l’affidabilità: l’orologio avrebbe dovuto possedere un elevata leggibilità, un quadrante nero, numeri arabi (luminosi in condizioni di buio), una cassa in acciaio inossidabile molto resistente e cosa più importante di tutte, un elevato grado di impermeabilità all’acqua, polvere e terra.
La soluzione arrivò da parte di tredici manifatture orologiere svizzere, che presentarono il proprio segnatempo finito e pronto per i campi di battaglia. I dodici modelli di orologi, tutti molto simili tra loro, si differenziavano solamente per pochissime peculiarità come le sfere, diametro cassa e calibro.
Le maison che parteciparono al bando, erano all’epoca tra i maggiori produttori di segnatempo svizzeri: Omega, Jaeger-Le Coultre, IWC, Lemania, Cyma, Buren, Longines, Eterna, Vertex, Record, Timor, Grana ed Enicar. L’ultima manifattura fu esclusa in seguito dal bando, poichè produceva anche orologi per il nemico, ovvero la Germania nazista.
Ecco quindi che videro la luce del sole i famosi orologi Dirty Dozen (la Sporca Dozzina).
In molti si chiederanno quale sia il motivo per il quale il Ministero della Difesa britannico si sia affidato a ben dodici maison elvetiche, per la produzione di un solo tipo di orologio e che avesse le medesime caratteristiche tecniche. Bene, il motivo è semplice, ossia produrre molte unità in un breve periodo di tempo, accrescendo così la disponibilità per ogni soldato e la riserva di segnatempo ad uso militare.
Prodotti per un totale di 145.000 esemplari, si stima che molti di essi siano andati perduti o distrutti durante il conflitto. Non tutte le maison della “Dirty Dozen” hanno prodotto lo stesso numero di pezzi, infatti, alcune maison come Grana, con 1.500 unità e, Jaeger-Le Coultre con circa 8.000 unità, sono tra le aziende orologiere svizzere della dozzina ad essere nel mirino dei collezionisti, in considerazione dei bassi numeri di produzione.
Tra tutti i “field watches” della sporca dozzina, solo alcuni spiccano per le loro qualità estetiche e finiture all’interno dei loro fondelli.
Stiamo parlando dei calibri montati da IWC e Longines che, nonostante la brutta fine che spettava al “povero” orologio, non si sono risparmiate nell’offrire ai loro cuori pulsanti, una particolare attenzione estetica.
Gli orologi della “Dirty Dozen” si differenziavano dagli altri segnatempo della loro epoca, attraverso un logo a forma di freccia stampato sul quadrante e inciso sul fondello. Questo logo, chiamato British Broad Arrow, è un simbolo che identificava un oggetto o un arma appartenente all’esercito britannico, infatti è possibile trovarlo su vari cimeli bellici, veicoli militari ed armi.
Inoltre, sui fondelli venivano incisi due codici seriali dell’orologio; quello militare, preceduto da una lettera maiuscola, e quello civile inciso al di sotto del precedente oppure all’interno del fondello. Troviamo soprattutto il famoso acronimo W.W.W., che sta per Wrist Watch Waterproof, anch’esso inciso sia all’interno sia all’esterno del fondello.
Essendo stati forniti all’esercito inglese verso la fine del conflitto mondiale, la giacenza dei segnatempo militari era cospicua, dunque una volta terminata la grande guerra, vennero forniti all’esercito olandese impegnato in un conflitto civile nella loro colonia indonesiana.
Questo fece si che molti pezzi della “Dirty Dozen”, in dotazione all’Olanda, andarono perduti durante la guerra in Asia, ma il colpo di grazia che rese estremamente rari questi preziosi segnatempo, fu dato durante gli anni ’70 con la loro distruzione a causa della radioattività degli indici contenenti il Radio.
In conclusione, se per puro caso doveste scovare un orologio con la Broad Arrow stampata sul quadrante, aprendo un cassetto del comodino di vostro nonno, sappiate che avete tra le mani un pezzo di storia del XX secolo dal valore inestimabile.
Molti sarebbero i collezionisti pronti a staccarvi un assegno da quattro zeri, specialmente se l’orologio è interamente originale. Già, molte unità della “Dirty Dozen” purtroppo nel tempo hanno subito modifiche e sostituzioni di ingranaggi o pezzi non coevi con l’orologio.
Secondo alcune indiscrezioni, sono poco meno di una ventina al mondo i collezionisti in possesso dei dodici modelli, originali in ogni loro parte. Quanto pensate che possa valere una collezione del genere? Non oso immaginare!
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